Avatar - La via del "Qi"
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  • Immagine del redattoreKungfu & Taichi

Avatar - La via del "Qi"

Il nuovo film di James Cameron "Avatar 2 - la via dell'acqua" ci riporta su Pandora, un satellite naturale che dista dalla Terra 4,4 anni luce e fa parte del sistema stellare triplo Alfa Centauri, tra le svariate creature, ambientazioni surreali e ideologie metafisiche di un mondo concettualmente molto lontano dal nostro. O forse no?

Nella trama del film Avatar si nascondono aspetti chiave che riprendono i concetti di connessione universale e Qi, presenti anche nelle Arti Marziali. (Niente spoiler in questo articolo)



Il Qi, di cui hanno discusso molti pensatori cinesi, confuciani e taoisti, è la forza vitale che sostiene tutto ciò che ha vita (ne parliamo in questo articolo). Dalla sua dispersione l’organismo muore e dalla sua concentrazione la vita prende forma e si rigenera.


In conferenza stampa James Cameron ha confermato ai giornalisti che in Avatar ci sono molti aspetti legati alla filosofia orientale.


Eywa e il tutto


Il popolo Na'vi, protagonista dell'epico film, ha riposto la sua fede incrollabile in una divinità che chiamano Eywa , la Madre di tutti. Eywa non è tanto un "essere", come nelle concezioni tradizionali di Dio, ma piuttosto un'energia collettiva che, nel mondo immaginario di Pandora, comprende tutto ciò che è vivo e morto.

Quella che, a prima vista, sembra essere l'intelligente invenzione di un genio creativo ha, in realtà, una sorprendente somiglianza con il concetto filosofico cinese di Qi, ovvero la forza vitale continua, fluente e immateriale che collega tutto ciò che esiste nell'universo.


I Na'vi hanno una connessione profondamente spirituale con l'energia reciproca e con il mondo che li circonda. Nella loro società viene data grande enfasi alla coltivazione di questa energia, per diventare "uno con Eywa " ed entrare più in sintonia con la natura, la saggezza e l'umanità. Un membro addestrato della società avrà un acuto senso dell'energia fluente che unisce tutte le cose.

Questo senso di energia fluente che unisce tutte le cose si ottiene non solo attraverso la meditazione e l'osservazione del cosmo, ma anche con l'allenamento fisico; l'obiettivo è centrare la propria energia con il flusso di Eywa .

Un Na'vi veramente saggio e pienamente in sintonia con questo flusso guadagna il titolo di Tsa'hik ed è venerato come guida spirituale.


La pratica di coltivare il proprio sé nella cultura Na'vi deriva, probabilmente, da principi simili a quelli del confucianesimo e lo Tsa'hik è l'equivalente della guida spirituale cinese, il "saggio".

La comprensione essenziale del Qi , così come lo ha definito Zhu Xi, filosofo cinese del 1200, è un esempio chiaro della presenza del Qi nel modo dei Na'vi.

Nel suo sistema Zhu Xi sottolinea il legame cruciale tra il principio metafisico di "Li" (l'insieme dell'ordine naturale, Tian-li, e dell'ordine morale, Dao-li) e il mondo fenomenico, costituito dal Qi in tutte le sue forme.

Questo legame fa accedere la "mente umana funzionante" - un'altra forma di Qi (Xin Qi) - alla bontà intrinseca della natura umana (Xing), cioè il principio "Li" dell'essere umano. Lo "spirito" (Shen) gioca un ruolo significativo in questo processo.

Per essere un saggi bisogna coltivare un senso di connessione sia con l'umanità, che ci definisce come popolo, sia con il Qi che ci connette al resto del mondo.

Questo Qi funge da ponte tra la mente umana, la natura umana e il flusso collettivo di energia.


Colui che è dichiarato saggio nella tradizione cinese sarebbe considerato uno Tsa'hik nella cultura Na'vi, poiché i criteri che definiscono un saggio e uno Tsa'hik si sovrappongono quasi completamente.



Natura


Il popolo Na'vi non ha solo un rapporto fisico, ma anche profondamente spirituale con la terra del pianeta natale. L'unità che, nel primo film, i Na'vi sentono con la foresta e poi con l'acqua e il mare nel secondo è, in gran parte, dovuta all'energia fluente che percepiscono tra loro stessi, la flora e la fauna del loro habitat. I Na'vi dedicano ore alla meditazione nei luoghi a loro sacri, osservando la bellezza della natura, connettendosi con gli spiriti e canalizzando il flusso di Eywa.


Per entrare più in sintonia con il Qi bisogna esplorare il mondo esterno a sé stessi, proprio come succede nella tradizione di Avatar. Infatti, coltivare il proprio sé non è un processo che ha luogo solo all'interno, ma proviene anche dall'energia del mondo esterno, nel caso dei Na'vi dalla foresta.


"È più facile percepire l'ordine sottostante (del Qi ) al di fuori di sé stessi, nella natura, nelle vicende umane e nei libri". Zhu Xi

L'importanza vitale data dai Na'vi alla ricerca di Eywa nel mondo naturale e nelle tradizioni di altre tribù integra quella che i cinesi danno alla ricerca dell'"ordine sottostante" il Qi, presente nella natura e negli altri.

Sulla base del loro stile di vita i Na'vi sembrano prendere a cuore questa pratica, poiché molte delle loro azioni sono determinate dalla loro percezione del flusso di Eywa , il flusso del Qi, sia dentro che fuori da sé.

Le Arti Marziali orientali portano all'esplorazione di sé e ci aprono all'accesso dell'energia della natura. Esse sono legate al concetto di mente-cuore, secondo cui la mente muove il corpo; a sua volta, il corpo agisce mentre il cuore comunica tra mente (yin) e corpo (yang). Il cuore è, perciò, la via dello spirito e mette in gioco il nostro sentire chi siamo davvero. Le Arti Marziali sono, inoltre, legate al concetto di intenzione, che ritroviamo anche nella filosofia Na'vi di Eywa .

I membri della tribù si dicono l'un l'altro: “Oel ngati kameie”, cioè “Ti vedo”, intendendo che vedono tutto ciò che l'altro è, ciò che crede e sa, l'energia che lo compone, ovvero che riconoscono l'intenzione, la mente-cuore e il Qi dell'altro.

Attraverso i loro sensi, i Na'vi entrano in profondo contatto con ciò che li circonda. Ma questa relazione è determinata dalla volontà di Eywa, cioè dal flusso dell'energia, ed è espressa chiaramente dalla letterale connessione fisica dei Na'vi con la loro terra. Essi sono, infatti, dotati di una "coda neurale" chiamata Tsaheylu (dalla lingua Na'vi "legame") che proteggono intrecciandola nei capelli. Questa "coda" finisce con delle terminazioni nervose esterne che consentono ai Na'vi di stabilire una connessione biochimica con le piante e gli animali di Pandora, ma anche un legame fisico e spirituale con tutti gli altri esseri viventi; un legame che può essere intuito come un flusso di Qi da una creatura all'altra.



Vita e morte


La cultura Na'vi osserva la morte in modo molto solenne, pacifico e confortante. Mentre riconoscono che nella morte muore il corpo, osservano anche che l'energia dello spirito ritorna all'energia collettiva del mondo.

Nel primo film, il protagonista Jake Sully ha l'opportunità di partecipare a un rituale di sepoltura Na'vi e riassume così il concetto Na'vi di vita e morte:


“Vedono una rete di energia che scorre attraverso tutti gli esseri viventi. Sanno che tutta l'energia è solo presa in prestito e un giorno devi restituirla ”

Secondo un Na'vi la vita è un evento finito che dipende da un'energia spirituale che ci sostiene; questa concezione della morte è stranamente simile al sentimento conservato nella tradizione confuciana.

Zhu Xi, riferendosi all'antica tradizione del dualismo dell'anima secondo cui ogni essere umano vivente ha sia un "Hun", cioè il senso spirituale ed etereo, l'anima Yang che lascia il corpo dopo la morte; ma ha anche un'anima "Po", ovvero quella corporea, sostantiva e Yin che rimane con il cadavere del defunto. Zhu Xi spiega:

"Mentre gli esseri umani hanno molto Qi, deve venire un momento in cui si esaurisce. Quando è esaurito, l'Hun Qi ritorna in cielo e il Po fisico ritorna sulla terra e gli esseri umani muoiono. Per questo, quando c'è vita ci deve essere morte; quando c'è un inizio deve esserci una fine. Ciò che raccoglie e disperde è il Qi".


Analogamente alla logica Na'vi di "energia presa in prestito", le persone sono dotate di una forza vitale che si esaurisce gradualmente e torna al "Paradiso", proprio come succede all'energia Na'vi che, alla morte, ritorna a Eywa.

Esiste una differenza fondamentale tra il corpo umano Po e l'anima Hun: come nella tradizione Na'vi, nell'essere umano l'energia dell'anima Hun Qi lascia il dominio fisico, mentre il corpo Po Qi rimane sulla terra, affidando la sua energia fisica al suolo.

Questo principio confuciano, presente all'interno del film, è dimostrato anche nella preghiera di caccia recitata dai Na'vi, mentre uccidono la loro preda:


"Oel ngati kameie, ma tsmukan, ulte ngaru seiyi irayo Ngari hu Eywa salew tirea, tokx 'ì'awn slu Na'viyä hapxì" Ti vedo fratello e ti ringrazio. Il tuo spirito va con Eywa, il tuo corpo resta indietro per diventare parte del Popolo”. -Preghiera Na'vi-

Il cacciatore prega perché l'Hun Qi , lo spirito della sua preda, ritorni a Eywa mentre il Po Qi, l'energia del corpo, rimane indietro per essere assimilato dai Na'vi.

Quando muore qualcuno, i Na'vi sono confortati dall'idea che le anime ancestrali vivano come spiriti nell'energia di Eywa, sebbene muoiano in senso fisico.

Il posto degli spiriti nella tradizione Na'vi ricorda molto da vicino una concezione neo-confuciana sullo spirito, incentrata sull'energia dell'anima degli antenati morti, secondo cui questa energia aleggi in ogni cosa che ci circonda . Nell'esempio parallelo dei Na'vi, essi vedono i semi dell'albero delle anime come la manifestazione del Qi dei loro antenati morti, le "anime purissime dei nostri antenati", cioè l'energia disincarnata di Eywa.



Sebbene il regista abbia creato un mondo immaginario e lontano anni luce dal nostro, le analogie tra i due mondi sono sicuramente degne di nota e dimostrano come l'ispirazione sia arrivata da una cultura millenaria, quella cinese, saldamente radicata nella nostra storia.

Dopo "Avatar 2 - la via dell'acqua" e in attesa dei prossimi tre sequel ambientati nel mondo di Pandora, chissà se potremo mai vedere i Na'vi atterrare direttamente su una versione futura del nostro pianeta che, paradossalmente, è proprio il luogo dove è stata immaginata Eywa.

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